[:it]Apertura Festival internazionale de L’Architasto @Roma[:]
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Al primo ascolto poteva sembrare uno di quei pianoforti che non ha mai vissuto momenti di gloria, acquistato e poi dimenticato nel salotto di qualche parente tra acari e muffe.
Eppure ad un ascolto più attento anche il profano comprende che si tratta di uno strumento diverso con una timbrica che vagamente ricorda il clavicembalo ma sicuramente appare più vicina al pianoforte attuale del quale però non rivela ancora il colore e soprattutto il calore.
Sto parlando del fortepiano, uno strumento pensato e costruito per la prima volta (e non a caso) da un italiano, Bartolomeo Cristofori nel 1711.
Fu una vera rivoluzione in campo tecnologico poiché si passava dal clavicembalo, strumento a corde pizzicate, ad un prototipo a corde percosse da martelletti.
Il nome che Cristofori diede alla sua invenzione fu “gravicembalo col forte e col piano”, sottolineando che, con questa sua idea, si realizzava uno strumento capace di esprimere dinamiche attraverso la pressione delle dita sui tasti cosicché l’esecutore potesse finalmente trasmettere le sue emozioni.
Poiché la musica barocca era costruita principalmente su architetture ritmiche poco inclini a sfumature dinamiche (oltre che agogiche), per gli strumenti a tastiera e conseguentemente per tutta la musica futura si aprivano nuove praterie.
Dunque proprio sul fortepiano sabato 7ottobre presso la Sala dell’Immacolata del Convento dei SS. XII Apostoli in Roma ho assistito al concerto dei due vincitori del concorso organizzato dall’associazione “L’architasto”, associazione che opera per la conoscenza di strumenti quasi dimenticati.
Due giovani promettenti dalle personalità artistiche completamente diverse in un programma differente che tuttavia comprendeva due autori comuni: Mozart e Clementi.
Il primo Viacheslav Shelepov di nazionalità russa dotato di un’ottima tecnica ha impressionato per i suoi virtuosismi che sono sembrati a tratti strettamente finalizzati alle difficoltà tecniche che i brani imponevano, la seconda, italiana, Ludovica Vincenti che piuttosto ha saputo trasformare, a mio avviso, proprio quei tecnicismi che un grande didatta quale era Clementi includeva a profusione nelle sue composizioni (lo stesso Mozart forse non apprezzando fino in fondo il genio italiano lo definì “mechanicus”) in linee melodiche precise e di grande cantabilità.
Al di là delle personali preferenze entrambi si sono confermati meritevoli di un primo premio ex aequo.
Al prossimo concerto.
Fabio Salustri ��
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