“LORO 2” di Paolo Sorrentino, anteprima @CINEMA MODERNO di Roma
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Eccoci di nuovo qui, a parlare di “LORO 2”, la seconda parte del nuovo film di PAOLO SORRENTINO. Nelle sale dal 10 maggio 2018.
L’attesa, nel bene o nel male, di questa seconda parte della pellicola è stata incandescente. E questo è già un risultato.
Ripartiamo da lui, da SILVIO BERLUSCONI e dal suo vissuto, da una finestra che si apre sulla sua vita. E sulla nostra.
Silvio è triste, Silvio è stanco, Silvio ha voglia di riprendersi il “SUO”. E ce lo fa capire a partire dalle prime scene dove ha un dialogo surreale con un personaggio che è in effetti il suo duplice, la sua coscienza ma anche la sua nemesi, il suo istinto creativo/distruttivo, il suo doppelgänger. Ha bisogno di riaffermarsi e ha il modo di farlo. Vuole ritornare in sella portando dalla sua parte politici e senatori… e ci riesce. Si è allenato per questo, ha rispolverato le sue doti da oratore e venditore di fumo. Perché lui conosce “il copione della vita”.
E fa uno scatto in alto, risale la china in un attimo. Attraverso i suoi “magheggi” e trasformismi riconquista il suo posto nella politica in modi e tempi che non ci saremmo mai umanamene aspettati, tornando a Palazzo, tornado al vertice di tutto.
E da lì si apre un nuovo ventaglio: quello del potere incondizionato che spalanca tutte le porte. Anche nella vita di tutti noi, attraverso i suoi nuovi alfieri dello spettacolo e le sue oscene telenovelas che ci ricondizionano il cervello. Un’altra volta.
Perché il concetto si è ribaltato: in questa seconda parte non si parla dei “LORO” del mondo della cerchia intorno a Berlusconi, no. In questo secondo capitolo il concetto, solo sfiorato nel primo, è dichiarato: LORO siamo anche NOI. Protagonisti al contrario, succubi eletti al suo voto e sua adorazione, manipolati a giustificarlo perché è simpatico, intraprendente, ottimista. Ma è solo “fuffa”. E noi ci siamo cascati in pieno. Un’altra volta.
E di nuovo festini alla corte del “Re Sole”, di nuovo credendosi libero di fare quello che vuole si lascia invaghire da nuovi progetti, nuovi sogni, nuove donne. Canta, Berlusconi. Canta le sue canzoni dorate e ipocritamente appassionate, come il più grande dei pifferai magici. Tutti fanno così ma nessuno è come lui: Silvio è il migliore.
E proprio quando tutto è tra le sue mani, quando tutto ormai è sotto il suo apparente controllo, commette l’errore di depositarsi sui suoi allori, sbilanciandosi. Nel suo vissuto la terra gli viene a mancare quando la sua compagna si allontana per “pensare” e lui nemmeno se ne accorge.
Ma ecco che si apre una crepa, che piano piano scuote la terra e i suoi intenti con un terremoto, vero, quello dell’Aquila. SORRENTINO ci riporta alla mente un pezzo di vita che è diventato un capitolo tristissimo sia per la storia italiana che per la reggia berlusconiana. Lo squillo di un telefono, una richiesta di soccorso o forse la ricerca di un caro perduto, echeggia tra le macerie: ma nessuno risponde.
E il Re si ritrova a camminare tra la gente che non può veramente aiutare e fa quello che ha sempre fatto: a parte regalare una dentiera, promette e non mantiene.
E il popolo, che gli ha permesso fina a quel momento di arrivare dov’è, questa volta non ci sta. LORO non ci stanno. La crepa diviene un crepaccio dove il “reuccio” dapprima inciampa e poi si affosserà.
Il colpo finale lo vibra VERONICA LARIO stessa. Che torna dal suo viaggio per trovare un uomo inconsapevole del fatto che lei lo sta lasciando: i conflitti di interessi delle loro anime sono diventati troppi ormai. Sono tante le accuse che si lanciano a vicenda, e le parole grosse (“sei solo un bambino che ha paura di morire” – “”sei arrivata ad essere quello che sei solo grazie ai miei soldi”) lasciano tutta la servitù di Villa Certosa immobile e col fiato sospeso, consapevole della fine di tutto.
Ed è davvero la fine. SORRENTINO ci accompagna ad essa per mano, attraverso le macerie aquilane/italiane, indicandoci col dito il ritrovamento di una statua appoggiata sui detriti. Inquietantemente rassomigliante al cristo della “Pietà” di Michelangelo ma privata della figura della madre, circondata da superstiti, soccorritori e pompieri dai volti distrutti: e un fortissimo senso di perdita ci pervade tutti, per poi lasciare il posto ad uno sconcertante sapore di tradimento.
In conclusione: “LORO 1 e 2” sono un’unica pellicola che ha un enorme valore, decisamente uno spaccato di cruda verità. Che rispetta il termine di quelli di cui “noi” si parla, e di quei “loro” che parlano di noi. Perché loro siamo noi, da entrambe le parti, due facce della stessa medaglia, divisi e uniti, nel bianco e nel nero, nelle infinite tonalità di colori e grigi che stanno nel mezzo. Nel bene e nel male, nel vero e nel falso, nella salute e nella malattia, in ricchezza ed in povertà, nella gioia e nel dolore, nella buona e nella cattiva sorte: finché morte non ci separi.
PAOLO RICCI