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Nostalgia, romanticismo e “inferno”: Marco Simeoli in “Napoli…è ‘na parola” @Teatro degli Audaci

Il 3 agosto, nell’ambito della rassegna R.Estate Audaci, sarà messo in scena al Teatro degli Audaci lo spettacolo “Napoli… è ‘na parola” dell’attore Marco Simeoli. Abbiamo voluto fare quattro chiacchiere con questo artista poliedrico che ci ha parlato dello spettacolo ma anche dei suoi inizi, dei suoi prossimi progetti e del suo amore per Napoli, terra di poeti e parolieri.

 

“Ho cominciato a 14 anni in una filodrammatica napoletana interpretando il primo cameriere in Filumena Marturano e da lì dopo anni di apprendistato le prime esperienze professionali tra Napoli e Caserta per arrivare nel ’91 ad entrare nel mitico Laboratorio teatrale di Gigi Proietti da cui poi è cominciato tutto veramente. E’ stato un Maestro importante e fondamentale per la mia carriera sia dal punto di vista artistico che umano specie per la concezione del mestiere e dell’essere attore a tutto tondo. E’ proprio stimolati da lui che quattro di noi del suo Laboratorio formammo il gruppo dei Picari con il quale abbiamo avuto dieci anni di meravigliosi successi. Altri Maestri come Orazio Costa, Luigi Squarzina, Giorgio Albertazzi e tanti altri hanno poi sicuramente arricchito ed ampliato la mia formazione. I maestri sono importanti e spero che tutti, soprattutto i giovani che cominciano oggi in un momento così difficile, possano incontrarne almeno uno.”

 
Ora parliamo del suo spettacolo, “Napoli è na parola” un grande omaggio alla città e ai suoi parolieri. 

 

Napoli…è ‘na parola, arrivato al 10 anno di repliche, e’ il viaggio attraverso quelle parole e quegli stati danimo che dall800 ad oggi hanno raccontato in versi, prosa e canzoni le mille facce di una delle città più contraddittorie, più assurde, più umane e più “italianeal mondo. Miguel De Cervantes disse che era la città più diabolica d’Europa, la più viziosa. Un percorso ideale attraverso le parole utilizzate da chi, più degli altri, è stato in grado di sintetizzare gli stati danimo, le emozioni, le paure e i bisogni della gente, comune e non, che ha popolato quella terra. Lo spettacolo trascinerà lo spettatore in diverse atmosfere facendolo passare da aree di nostalgia e di romanticismo ad altre più divertenti, buffe ed addirittura infernali, il tutto condito con un gioco di verità finzione di cui solo il teatro è capace.

 Una Napoli espressione di alcuni dei più grandi drammaturghi del Novecento, come Eduardo De Filippoe di insigni poeti come Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, di Pisano-Cioffi e le loro esilaranti macchiette, di Totò per arrivare ad Annibale Ruccello, Manlio Santanelli, Erri De Luca e Ruggero Cappuccio. E per finire Giuseppe Patroni Griffi, che in un suo mirabile lavoro, parlando della forza e della pericolosità propria delle parole, chiede perdono per tutte quelle che sono state usate in maniera sbagliata. Soprattutto, oggi che molti di quei poeti, di quegli autori, di quegli scrittori non ci sono più, la pericolosità delluso della parola, fuori dal divertimento o dal romanticismo, può essere motivo di reale preoccupazione.

Il tutto è intervallato da canzoni classiche napoletane della migliore tradizione: da O Marenariello a Uocchie carraggiunate, da Guapparia fino ad arrivare a Napul’è e Caruso e a tante tante altre.

 
Adesso una domanda un po’ provocatoria. Lei è un napoletano doc “trapiantato”a  Roma. Che differenze trova nel modo di concepire il teatro e l’arte in genere tra le due città?

Napoli continuerà ad essere, specie per i napoletani che vanno a teatro, la città depositaria dell’arte teatrale e questo noi di fuori che andiamo a recitare a Napoli, anche se napoletani, ce ne accorgiamo in quanto è un pubblico esigente e cauto anche se molto generoso alla fine. Roma è la città che, come Milano, accoglie da sempre chi decide di fare questo mestiere e ha il coraggio e l’ardire di abbandonare la propria, nel mio caso Napoli: è quindi una realtà più variegata meno rigida dove il pubblico ha una molteplice offerta e quindi è abituato a vedere un po’ di tutto: il buon Teatro e a volte purtroppo anche quello cattivo. Perché poi l’unica distinzione che c’è da fare nel Teatro è questa. Io continuerò sempre a farmi una domanda: è più coraggioso chi resta nella propria città lottando per fare il proprio mestiere o chi cerca fortuna andando altrove. Ovviamente a me la risposta l’ho data.

 
Lasciaci con un motto tratto dal tuo spettacolo che ti rappresenta e dicci dove possiamo rivederti prossimamente 

Napoli è uno stato d’animo, una visione della vita, una sintesi…”Vedi Napoli e poi muori”…”E qui fu Napoli nisciuno è meglio ‘e me…” Napul’’è”…modi nei quali si è tentato di definire una città indefinibile e sfuggente. Per quanto mi riguarda più passa il tempo e più la nostalgia di Napoli si fa struggente specie per i legami che spariscono piano piano…

Prossimamente a partire dal 6 agosto sarò al Globe Theatre di Roma con “Sogno di una notte di mezza estate” per la regia di Riccardo Cavallo e per il 14 anno consecutivo.
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